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Studio sul deperimento di piante di olivo da mensa cv Nocellara del Belice in provincia di Trapani

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Studio sul deperimento di piante di olivo da mensa cv Nocellara del Belice in provincia di Trapani

Tesi della Dott.ssa Marika Lamendola

L’olivo, Olea europaea L., è una pianta tipica del bacino del Mediterraneo, che risulta essere il suo luogo d’elezione. Appartiene alla famiglia delle Oleaceae e dal punto di vista botanico è l’unica specie, tra le 600 circa della stessa famiglia, a frutto commestibile.
All’interno del genere Olea vengono incluse 30-35 specie. La specie coltivata, O. europaea, include le due sottospecie sativa e oleaster, corrispondenti rispettivamente alla forma coltivata e alla forma selvatica.
In Italia ogni regione si caratterizza per una ricca piattaforma varietale, con numerose cultivar che si sono adattate a particolari areali. La Sicilia, per la sua posizione geografica, è testimone dei numerosi scambi ed insediamenti storici che si sono avvicendati e per tale motivo vi è un germoplasma olivicolo ricco di varietà. Tra le varietà autoctone siciliane, la Nocellara del Belice 
rappresenta una cultivar molto pregiata ed una delle più stimate, tanto che nel 1998 ha ottenuto la certificazione DOP (Denominazione di Origine protetta) e la zona di produzione è localizzata nella valle del Belice, in particolare nei comuni di Castelvetrano, Campobello di Mazara e
Partanna in provincia di Trapani.

Numerose sono le fitopatie che possono affliggere l’olivo, a carico di drupe, foglie, rametti, branche, tronco, colletto e radici (o dell’intero ospite), i cui agenti eziologici biotici vanno indicati tra funghi (in primo luogo), virus, fitoplasmi, batteri e nematodi.

Recentemente, in alcuni areali della provincia di Trapani, diversi agricoltori hanno segnalato
un deperimento a carico di piante di olivo della cultivar Nocellara del Belice destinate alla
produzione di olive da mensa. Negli ambienti siciliani in cui tale cultivar è diffusa, la gestione
degli oliveti si distingue in funzione della destinazione del prodotto: al frantoio o alle industrie conserviere. Una delle principali differenze risiede nelle tecniche di irrigazione che, per l’ottenimento di frutti da mensa di grande pezzatura, di buona serbevolezza e assai pregiati, prevedono abbondanti adacquamenti nei periodi più caldi, soprattutto nel mese di agosto.
In particolare, è stato rilevato che in impianti dotati di impianto di irrigazione ad aspersione
sotto chioma, con collare circolare attorno al tronco e spruzzatori a 180°, numerose piante
hanno iniziato a mostrare sintomi esterni a carico della chioma, quali ingiallimento, defogliazione e disseccamento dei rami e sintomi interni, come imbrunimento dei tessuti xilematici, carie bianca e bruna del legno. Inoltre, questi olivi erano caratterizzati anche da ridotta produzione.
Su tali basi si è ritenuto opportuno avviare una collaborazione tra la sezione di Patologia
vegetale del Dipartimento Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali (SAAF) dell’Università degli Studi di Palermo e il Servizio di Assistenza Tecnica dell’Ente di Sviluppo Agricolo della Regione Siciliana, mirata alla definizione delle cause della fitopatia segnalata. In particolare, considerato il quadro sintomatologico, si è ritenuto opportuno condurre un’analisi sui microrganismi fungini
associati alle alterazioni.
Da marzo 2022 ad aprile 2023 sono stati condotti sopralluoghi in alcune aziende dei comuni di Castelvetrano, Campobello di Mazara e Partanna (TP), rilevando la frequente presenza di piante con sintomi di deperimento più o meno accentuati. In tali aziende sono stati individuati, in totale, otto alberi sintomatici e due asintomatici che sono stati opportunamente sezionati per il prelievo

Questi sono stati posti in piastre Petri contenenti un substrato nutritivo sterile agarizzato
(Potato Dextrose Agar, PDA; 5 frammenti per piastra, tre piastre per porzione. Tutte le piastre sono state poste ad incubare, rilevando l’eventuale accrescimento di colonie fungine,
determinandone i caratteri macroscopici e valutandone le relative distribuzioni percentuali.
Le colonie fungine accresciute sono state identificate, a livello di genere, mediante osservazioni macroscopiche e microscopiche allo stereomicroscopio e al microscopio ottico; le più ricorrenti sono state allevate in purezza e sottoposte ad analisi molecolari (PCR), per confermare l’identificazione morfologica e definirne la specie di appartenenza. Inoltre, le specie fungine indicate, in letteratura, come associate a sintomi analoghi a quelli rilevati in campo, sono state impiegate in saggi d’inoculazione artificiale, per valutarne la patogenicità. Allo scopo, sono state utilizzate 20 piante sane di olivo cv Nocellara del Belice di 3 anni di età. In ciascuna pianta sono state effettuate tre lesioni nel fusto a 10, 20 e 30 cm dal colletto (porzione basale, mediana e apicale) e in ogni ferita è stato posto un tassello di micelio prelevato dal margine di una colonia. Per ciascun isolato fungino sono state impiegate 4 piante, mentre altre 4 sono state inoculate
con solo PDA sterile (testimone). Dopo l’inoculazione le ferite sono state protette con cotone
idrofilo sterile umido, parafilm e nastro di carta, rimossi dopo 48 ore. Tutte le piante sono state mantenute in ombraio, in condizioni ambientali naturali. A distanza di 30 giorni dall’inoculazione è stata osservata l’eventuale comparsa di sintomi esterni e interni nelle piante inoculate e sono stati condotti saggi di reisolamento, secondo quanto previsto dai postulati di Koch per l’accertamento della patogenicità.

I risultati hanno mostrato la presenza di microrganismi fungini su 9 dei 10 olivi sottoposti
ad analisi. In particolare, da circa il 26% di tutti i frammenti di legno posti in piastra si
sono sviluppate colonie fungine. Tale popolazione è stata ottenuta, per il 46%, dalla base
dei tronchi, per il 26 %, dalla parte mediana e per il restante 27 %, dalle porzioni apicali. L’identificazione morfologica e molecolare ha evidenziato che la maggior parte delle colonie
apparteneva alle specie Fomitiporia mediterranea (18%; Fig. 5a); Pleurostoma richardsiae
(10%; Fig. 5b), Coriolopsis gallica (8%; Fig. 5c) e Kirschsteiniothelia sp. (8%; Fig. 5d). Sono state
anche identificate colonie di altri microrganismi fungini ubiquitari e opportunisti, non
associabili alle alterazioni descritte.

Dopo 30 giorni dall’avvio dei saggi d’inoculazione artificiale in tutte le piante trattate è stata rilevata la comparsa di imbrunimenti in corrispondenza delle ferite infettate, ad eccezione dei testimoni. I saggi di reisolamento hanno consentito di ottenere colonie degli stessi microrganismi inoculati, tranne che nel caso di C. gallica. È stata, quindi, confermata la patogenicità di F.
mediterranea, e P. richardsiae ed accertata, per la prima volta, quella di Kirschsteiniothelia
sp. nei confronti di piante di olivo, mai indagata, comunque, su cv Nocellara del Belice. Ulteriori indagini saranno rivolte all’accertamento dell’eventuale patogenicità di C. gallica nei confronti dell’ospite.
La presenza di tali microrganismi fungini nelle piante deperienti oggetto di studio può, dunque, essere direttamente correlata alla manifestazione delle sintomatologie descritte. C. gallica e F. mediterranea, sono due basidiomiceti agenti di carie bianca del legno su numerosi ospiti, mentre P. richardsiae è stato già segnalato come patogeno tracheomicotico in olivi con deperimento sia
nel Brasile meridionale, che in Italia meridionale (Puglia), nella vite e in altre specie legnose.
Ulteriori studi, attualmente in corso, hanno evidenziato la presenza di altri microrganismi
fungini associati a imbrunimenti xilematici, carie (sia bianca che bruna) e disseccamenti
dei rami, in piante con lo stesso sistema irriguo, che saranno oggetto di prossime indagini.
Sulla base di tali risultati si ritiene opportuno accertare l’eventuale interazione tra la
presenza dei microrganismi fungini identificati ed il sistema irriguo adottato. È plausibile ipotizzare, infatti, che le condizioni di elevata umidità del tronco e le alte temperature di piena estate, ripetute per vari decenni, possano aver favorito l’insediamento e lo sviluppo degli stessi miceti. A confermare tale ipotesi sembrerebbero sia il progredire del deperimento negli ultimi anni, sia l’apparente sanità degli olivi allevati in assenza del predetto metodo di irrigazione. Inoltre sono in corso analisi per la alla messa a punto di strategie rivolte al miglioramento delle
performance vegetative delle piante sintomatiche e non (somministrazione di biostimolanti, induttori di resistenza, ecc.).

Università degli studi di Palermo 
Dipartimento Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali

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